domenica 28 agosto 2011

The last chapter...

Tutto si svolge in poco tempo: le ruote toccano terra, Il pilota annuncia Linate, in coda ritiro la gloriosa sacca da spedizione, arrivo a Milano, disfo la valigia, pizza con due amici e crollo a letto... Suona la sveglia, rifaccio la valigia, prendo un taxi x Malpensa, atterro ad Atene e si rinizia a lavorare di filata fino a cena.

Sono solo in un ristorante sul mare, e per la prima volta riesco ad avere il tempo e la solitudine per ripensare all'impresa. Mi guardo da fuori, e all'apparenza nulla cambia a quando ero qui il 27 Luglio.

Ma se guardo dentro... Trovo segni indelebili e tracce nitide che mi parlano in un coro variegato di voci.

Mi parlano gli ampi e sconfinati orizzonti, che ci hanno fatto sognare dall'Italia, hanno incorniciato le nostre salite e ci hanno sorpreso di rinnovata grandezza e splendore dal vivo. Nitide si stagliano nella memoria i profili vertiginosi e affascinanti di coossi di roccia e ghiaccio che abbiamo imparato a nominare.

Mi parlano le innumerevoli fatiche affrontate e superate, da me e da chi mi stava accanto. La voglia di non mollare e di provare ad arrivare in fondo, di raggiungere un obiettivo a cui ci si è preparati a lungo. La forza ricevuta dai compagni di cordata e di spedizione nel superare i momenti di stanchezza e debolezza.

Mi parlano le persone incontrate, dal sorriso dei campesinos spingendo un aratro, alla vitalità esplosiva dei ragazzini di Yungay, dalla esuberante e proattiva ospitalità Huaracina e Limeña alla paziente attesa delle nonne appostate all'uscita dei negozietti improvvisati all'ingresso delle case. Ma soprattutto mi parlano i compagni di avventura, chi conosciuti praticamente da zero, chi conosciuti con maggiore profondità, tutti scoperti con grande stima, che gli avvenimenti vissuti insieme non ha fatto che rinsaldare.

Da ultimo mi parla la gioia della montagna, esplosa dentro l'animo come una.bomba a orologeria. Mi parla 'la soddisfazione che si ha quando si raggiunge la cima' e 'quel senso di contemplazione che prende a guardarsi intorno e sprofondare nell'orizzonte'...

Capisco che in quel tavolo in riva al mare c'è una persona diversa rispetto al 27 Luglio, una ricchezza dentro che nessuno può togliere, e che troppo spesso ci dimentichiamo di avere quando, immersi nel tran-tran quotidiano, smettiamo di sognare e di orientare in alto lo sguardo.

sabato 20 agosto 2011

15 Agosto - Vallunaraju

Tutti in vetta!

 siamo partiti alle 8 del 14 agosto e, dopo le solite 2 ore di viaggio, siamo giunti all'attacco della salita. Seguiamo il consiglio del portatore che suggerisce una via piu' breve e ripida rispetto ad una con + sviluppo. altitudine 4.300.

Francesca e luca, spinti dalla compassione, accompagnano il loro portatore. Nic, nico e mat, carichi come dei muli, seguono ad una certa distanza... Arriviamo al campo a 4920 nel primo pomeriggio affamati come dei lupi: il cibo non e' mai troppo a queste altitudini! Ci accampiamo e notiamo che siamo in una parete rivolta verso est per cui alle 16 il sole scompare. Scaldiamo acqua per il the e ceniamo: alle 18 siamo tutti a nanna, luca con francesca e I 3 sventurati "stile alpino" nell'altra tenda.

Sveglia alle 2 e, dopo una fugace colazione, l'espletamento delle funzioni fisiologiche primarie, si parte!(Alle 3.30) 45 minuti di marcia sulla roccia e poi inizia il ghiacciaio. La via e' segnata ma da percorrere con attenzione per la presenza di crepi di notevoli dimensioni. Arriviamo alla cresta finale dopo aver superato un ultimo seracco e, con molta attenzione per la notevole esposizione, giungiamo in vetta 5.686 m. Huaraz illuminata, la luna piena, una stupefacente alba ci hanno accompagnati per tutta la gita.

Nico e nic, mitici come al solito, concatenano con la cima nord est! Grandi! Spettacolare gita, senza difficolta' tecniche, discreto sviluppo e soprattutto un ambiente severo, affascinante, estremo e che offre immagini di neve e ghiaccio di rara bellezza.

Torniamo all'accampamento, smontiamo il tutto quasi in uno stato di tranche... Arriviamo al luogo dell'incontro con il pulmino con 1 ora di anticipo sotto il sole cocente stanchi e soddisfatti: questa ultima cima ha soddisfatto le aspettative di tutti.

venerdì 19 agosto 2011

16 Agosto - Chopicalqui - 6.354 - un sogno raggiunto!

Il Chopicalqui (6354 m), una delle piu´ alte e scenografiche vette della Cordillera Blanca, era gia´stato preso in considerazione durante la fase di preparazione della spedizione e poi accantonato perche´ritenuto troppo impegnativo nella sezione finale. Un consulto con le guide di Huaraz pero´ ci fa capire che quest´anno le condizioni sono ottime: la salita e´ tracciata e il seracco sommitale, che in alcuni anni e´ talmente verticale da impedire l'accesso alla vetta, risulta superabile agevolmente.

E allora, discussi e pianificati i dettagli logistici con il nostro Vladimiro e noleggiate le picche mancanti (e´consigliabile che tutti i partecipanti abbiano la doppia picca), partiamo in 5 all'assalto di questo prestigioso 6000, mentre gli altri partecipanti si dirigono al Vallunaraju, bellissima vetta nevosa che sovrasta Huaraz (di questa salita vi raccontera´ Matteo).

Al Campo base del Chopicalqui, situato in una conca prativa alla testata della Quebrada Llanganuco, ci ritroviamo in 9: io, Paola, Lorenzo, Jack, Andrea, il cuoco Juan, che gia´ci aveva preparato gustosi manicaretti all´ Ishinca e al Pisco, e 3 portatori, capitanati da Carlos, che ci aveva gia´assistito nella salita al Maparaju.

Decidiamo di essere il piu´possibile leggeri e pertanto di saltare il Campo morena e salire il giorno successivo direttamente al Campo alto, posto sul ghiacciaio a 5300 m. Ciononostante, il carico sulle spalle e´ pesante soprattutto per i portatori, ma anche per noi.
 
Il percorso sulla morena e´lungo e noioso, in compenso quello su ghiacciaio e´ divertente e spettacolare, destreggiandosi tra monumentali seracchi.


Il Campo alto e´posto su una terrazza glaciale circondata da cattedrali di ghiaccio e con una magnifica vista sulla valle: bellissimo! I due capicordata hanno un po´ di mal di testa, ma ostentano sicurezza, se non latro per non allarmare il gruppo ...!



La colazione e´fissata all´1.30 di notte. Una stupenda volta stellata che incornicia le vette andine biancicanti sotto il chiarore della luna piena ci accoglie infreddoliti alla partenza. Il passo e´ lento e cadenzato. Ancor prima di raggiungere il colle, un seracco ci obbliga ad un ripido passaggio che si rivelera´ il piu´impegnativo di tutta la salita (qualche settimana prima era crollato un ponte di neve che consentiva un superamento piu´ agevole). Al colle si stagliano da un lato le sagome imponenti delle due vette dell'Huascaran, dall'altro la lunga cresta del Chopicalqui; laggiu´ nella valle le luci di Huaraz  ...

Il percorso della cresta e´ lungo ed entusiasmante, alternando tratti semplici ad altri piu´ripidi che consentono di superare fasce di seracchi che sembrano onde di un mare in burrasca. I ponti sui crepacci tengono bene e i tratti scoscesi sono tutti su ottima neve gradinata, quindi la progressione e´ sicura e veloce.

Giunti sull'anticima, il castello sommitale si staglia di fronte a noi in tutta la sua bellezza. Stanchi, felici, forse commossi ..., superiamo agevolmente il seracco sommitale e giungiamo per un corto pendio sull'ampia vetta. Sono le 9 del mattino: ci abbracciamo, foto, preghiera, il mondo e´sotto di noi da tutti i lati tranne uno, quello meridionale, dove si impone a brevissima distanza l'Huascaran, il tetto del Peru´.




Oggi siamo i soli ad aver salito il Chopicalqui (ewravamo infatti soli anche al Campo sul ghiacciaio).
Le condizioni meteo ci hanno agevolati: il freddo pungente non si e´questa volta accompagnato al vento forte che aveva contraddistinto la salita al Pisco.

La discesa, lunghissima, impone cautela e concentrazione, ma risulta tutto sommato agevole; le cordate salite i giorni precedenti avevano effettuato delle calate su fittoni che riteniamo assolutamente non necessarie, viste le ottime condizioni.


Al Campo alto ci attendono le congratulazioni di Carlos e C.; al Campo base, raggiunte alle ultime luci del giorno, quelle di Juan.

Il giorno successivo rientriamo a Huaraz, dopo aver fatto una breve tappa alla scuola "Senor de Pumallucay", dove ci intratteniamo a pranzo con il direttore e gli studenti.

Mentre gli indomiti Nico e Nicola sono ancora impegnati in un'ultima salita in quota, sull'avventuroso Huamashraju, qualche considerazione sullávventura che ci ha portati quest'anno in Peru´:
abbiamo salito 5 vette sopra i 5000 metri, dai semplici e frequentati Urus e Ishinca, all'avventuroso Maparaju, ai panoramicissimi Pisco e Vallunaraju e una vetta di 6000 metri tra le piu´ belle della Cordillera: il Chopicalqui.

Difficilmente una spedizione alpinistica riesce ad essere piu´ "produttiva" ...!
L´appoggio fornito da cuochi e portatori e´ stato fondamentale e la simpatia e disponibilita´a mettersi in gioco dei partecipanti e´ stata una ricetta essenziale per il divertimento di tutti in piena sicurezza (anche consdiderando che abbiamo deciso fin dall'inizio di rinunciare alla supervisione di una guida).

Grazie a tutti!
Ciao.

Guido

Un viaggio dentro la mente dell'alpinista (salita al Campo I - Chopicalqui)

Sto salendo al campo I seguendo i 3 portatori (Carlos 33, Teodoro 53, Victor ~50). Pensando al peso che portano e alla loro età non mi viene proprio di lamentarmi del nostro zaino, comunque più pesante di altre gite... e allora la mente vaga.
 

Lo sguardo spazia sulla valle Llanganuco e si riconoscono alcuni profili, ormai familiari: il Pisco, il Chacraraju, il Huandoy, il Huascaràn Nord e Sud... Sono da 15 giorni in giro per la Cordillera Blanca e le montagne, di primo acchito spaventose e ignote, ora ci risultano più nostre, più accoglienti.

Mi affascina il pensiero di come le montagne siano capaci di 'addomesticarmi' (forse succede anche ad altri alpinisti ma non voglio universalizzare). Dopo la fatica delle salite, lo studio delle valli e delle esposizioni, la raccolta di informazioni, si crea un legame impalpabile ma reale con la meta agognata che sfocia in una gioia profonda e appagante quando si raggiunge la cima.

Superiamo il campo morena a 4.900 e il paesaggio cambia: la morena lascia il passo alla parte più inferiore del ghiacciaio, rotto da ampi crepacci e frammentato dalle rocce scaricate da un'alta parete accanto. Il rombo delle pietre che si infrangono sulle pareti, dei seracchi che si aprono, delle piccole slavine sul Huascaràn mi fanno sentire tutta la grandezza e la maestosità della montagna. Incute timore e allo stesso tempo richiede tutta la cautela e il rispetto necessari.



Mi sento piccolo di fronte a questo colosso e mi chiedo se abbiamo messo tutti i mezzi possibili per affrontarlo in sicurezza: l'allenamento dei mesi scorsi, l'acclimatamento di questi giorni, l'affiatamento della cordata, il materiale contro il freddo... Un'altro seracco si stacca in lontananza sulla parete sud del Chopicalqui... So che abbiamo messo tutti i mezzi possibili ma ancora la montagna ha l'ultima parola che noi non possiamo che accettare: stamattina però la cima aveva il suo vestito migliore - sicuramente un regalo dell'Assunta - e allora la sensazione che il Chopicalqi possa essere benevolo con noi ravviva la volontà.

domenica 14 agosto 2011

12 - 13 Agosto preparazione all'assalto finale

Tornati dal Pisco passando per la Laguna 69 ci ritroviamo tutti a Huaraz con ormai alcuni 5000 alle spalle.

La soddisfazione è già molto alta e ora si tratta di decidere come sfruttare l'ultima possibilità per una salita. Purtroppo il Copa, il 6.188 che avevamo pianificato dall'Italia non è prudente da salire. Seppur le difficoltà tecniche siano ridotte, la mancanza di traccia e di informazioni recenti sulla salita (a Huaraz non troviamo una guida che l'abbia salito quest'anno) insieme a un gran numero di grossi seracchi aperti ci fanno desistere.

Valutando e analizzando le alternative possibili, ne scegliamo due, il Vallunaraju (5.685) e il Chopicalqui (6.345). Il primo viene deciso di salirlo con un campo a 4900 metri, salendo con un solo portatore e senza cuoco e sfruttando due soli giorni. Il secondo facendo il campo base a 4.000 metri e poi un campo alto a 5.300 per tentare la vetta il terzo giorno.

Francesca, Matteo, Luca, Nico e Nic scelgono di fare il Vallunaraju, invece Guido, Paola, Lorenzo, Andrea e Jack tenteranno di salire il Chopicalqui.

Ci rilasciamo per qualche giorno (4 o 5) quando daremo notizie su cosa siamo riusciti a portare a termine.
A presto
Jack

10 agosto - Nevado Pisco - il grande freddo!

 

La notte passa pressoche' insonne per un mix di freddo, rumori dalle tende (incredibilmente vicine questa volta, si riesce a sentire qualsiasi cosa, chi parla, chi beve, chi si alza per il troppo mate..) e la luna che incredibilmente illumina la tenda facendomi continuamente pensare che sia gia' l'alba ovvero decisamente piu' tardi della sveglia programmata alle 00.45.

Invece finalmente suona la sveglia vera. Jack una volta tanto sembra non soffrire la quota, finalmente! Sfilarsi dal sacco a pelo e' un tormento per il freddo intenso per non pensare allo strisciare fuori dalla tenda.. All'1 siamo tutti nella mitica tenda comedor che e' "ovviamente" una di quelle che si vedono in qualsiasi campeggio estivo in italia, ovvero una zanzariera con un telo attaccato con del velcro. Nonostante gli sforzi del giorno prima con nastro e pietre per renderla piu' vivibile un po' vento passa rendendo le solite uova sbattute e wurstel, del nostro grandissimo cuoco Juan, ancora piu' difficili da mandar giu'!

Finalmente verso l'1.35 partiamo tutti, col fido Juan in testa che si offre di accompagnarci un pezzo per evitare di perdere il sentiero sull'infinita morena. La notte e' limpida e la luna illumina intensamente permettendo di camminare senza la luce artificiale della pila..che spettacolo!

Il sentiero sale subito ripido, stare dietro a Juan e' impensabile, lascio andare I piu' audaci e prendo il mio passo. Il cuore sembra impazzito, batte fortissimo e non riesco a rompere il fiato. Finalmente arriviamo in cima alla morena (circa 100m di dislivello) da dove senza capire granche' vedo le pile frontali dei miei amici scomparire rapidamente. Proseguo e vedo che bisogna praticamente lanciarsi giu' dalla parte opposta della morena per uno pseudosentiero polveroso incredibilmente ripido. L'aria e' colma di polvere e il respiro affannoso non aiuta, ma fortunatamente nel giro di 2 minuti siamo fuori da questo tratto per iniziamo a zigzagare fra le pietre in un continuo saliscendi nel cuore della morena.

Dopo una buona mezz'ora Juan ci lascia e torna al campo. Proseguiamo da soli ma perdere il sentiero nella pietraia e' facile e dopo qualche attimo di incertezza sul dove andare, Guido, come sempre, si mette davanti per assicurarsi che il percorso sia giusto. Dopo una pausa per bere e rifocillarsi finalmente il sentiero inizia a salire deciso e in poco tempo arriviamo all'attacco del ghiacciaio (quota 5000m).


C'e' un po' di vento e attrezzarsi con imbrago, corda e ramponi non e' molto piacevole. Nonostante tutto mi sento bello carico e Jack continua a non patire la quota..ottimo! Finalmente attacchiamo il ghiacciaio, siamo tutti in fila che progrediamo. Il percorso e' ben tracciato e dopo poco mi ritrovo davanti a fare strada nel mezzo dell'immenso nevado ricco di immensi crepacci che fanno riflettere. L'ambiente e' maestoso, spettacolare e intimorente al tempo stesso.

Continuo a sperare di continuare ad avere traccia davanti, l'idea di dover cercare il percorso in mezzo a questo dedalo di crepacci mi mette I brividi..che presto si trasformano in vero freddo a causa del vento che nell'avvicinarsi al colle si e' rafforzato.
La vista dal colle e' spettacolare. Inizia ad albeggiare e lo Huandoy di fronte a noi e' impressionante. Accelleriamo il passo per cercare di contrastare il freddo causato dal vento sempre piu' presente. Neanche il te aiuta a scaldarsi! Passiamo sotto una fascia di seracchi impressionanti. Il passo e' sempre ben sostenuto e dopo poco incrociamo l'unica altra cordata sulla montagna che sta scendendo. Ci dicono "good luck"..nella mia testa penso "ma perche' non ci hanno semplicemente slautato?"..e andiamo avanti. Pochi metri dopo credo di capire cosa intendevano: il vento si intensifica ulteriormente quasi da sbatterti a terra. Ci mettiamo addosso tutto quello che abbiamo (altro pile, piumino, sovraguanti) e beviamo altro te.


A quel punto nella mia testa l'unico pensiero e' arrivare in cima piu' rapidamente possibile e scendere per togliersi da quel freddo intenso..alle 8.15 siamo in vetta -5750m! Per la prima volta nella giornata siamo illuminati (e un po' scaldati) dal sole. Ci abbracciamo, facciamo due foto, ammiriamo le vette circostanti (Alpamayo, Huascaran, Chopicalqui,...) e scappiamo giu' di corsa.



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La strada da percorrere e' lunga per tornare al base ma la prospettiva di una buona zuppa calda e un po' di riposo tiene alta la motivazione, con la consapevolezza di aver vissuto un'altra grande avventura Peruviana, sconfiggendo il grande freddo!



Descrizione:
Nevado Pisco 5750m, PD
Campo base 4600m (Refugio Peru in alternativa 4650m)
Durata 6-7h dal base alla vetta

Percorso:
-salire in direzione rifugio e oltre fino alle pendici della morena (circa 4700m)
-ridiscendere il sentiero per un tratto molto ripido per entrare nel cuore della morena (30m, attenzione caduta pietre)
-saliscendi nella morena spostandosi verso sx, puntando verso il ghiacciaio dello Huandoy come riferimento (ometti in loco ma facile confondersi di notte)
-risalire la morena puntando il colle fra Huandoy e Pisco (ometti)
-attaccare il ghiacciaio e risalirlo fino al colle (max 30 gradi, percorso abbastanza rettilineo ma attenzione ai crepacci - traccia presente, e' una salita frequentata)
-puntare la vetta del Pisco cercando di seguire la linea ideale della cresta per ampi pendii (due passaggi con pendenza 50-55 gradi e un passaggio esposto sotto un seracco)

due giorni per ritemprare le membra e la mente

8 e 7 Agosto - Huaraz, Marcarà e Yungay

Di ritorno da questi due stupendi 5000 ravvicinati il gruppo ha bisogno di un po' di sano e vero riposo, non solo delle sicuramente stanche membra, ma anche della mente.

Le salite in alta quota infatti sono certamente faticose per l'evidente sforzo fisico. La rarefazione dell'ossigeno richiede all'organismo di consumare nel modo più efficiente possibile l'energia; le lunghe distanze di avvicinamento; le notti brevi in tenda sopra i 4000 metri; il vento, il sole e il freddo - naturali compagni di viaggio per gli alpinisti di alta quota - prosciugano ulteriormente le riserve fisiche.

La fatica mentale, risulta però avere una componente rilevante del totale affaticamento dell'alpinista di alta quota... lo studio dei percorsi, delle cime, della preparazione dei compagni di cordata, la continua sensazione di allerta che mantiene costantemente desti i 5 sensi durante le salite, tutto questo affatica molto.
Per queste ragioni il capo spedizione decide due giorni di riposo. Ovviamente bisogna preparare il materiale per l'uscita successiva e raccogliere informazioni dalle guide locali per le salite che ci aspettano, ma molto tempo resta libero.

Allora alcuni lo sfruttano per girare le fiere artigianali e chi in altri modi, per esempio visitando la scuola delle guide di don Bosco di Marcarà o la scuola di Yungay.
A Marcarà abbiamo conosciuto Michael Araya, giovane di un paesino sopra Marcarà che si è dedicato dall'inizio dell'Operazione Mato Grosso.

lunedì 8 agosto 2011

6 Agosto - Ritorno Ishinca

6 Agosto - Ritorno a Huaraz

con calma i nostri alpinisti si svegliano e dopo una lauta colazione si preparano a ricompattare tutto l'equipaggiamento per il carico dei muli...


un po' di nostalgia gia' ci viene e quasi non vorremmo piu' lasciare questo stupendo campo base che ci ha regalato ieri sera un ottimo tramonto!

Ormai in marcia i muli ci superano dopo un ultimo scorcio sulla Quebrada Ishinca con il Toclaraju come sfondo!

Ormai non ci resta che salire sul fantomatico Pulmino, carico ormai peggio di un mulo per tornare alla nostra casetta a Huaraz.

A presto!

5 Agosto - ISHINCA

5 Agosto, Madonna delle nevi
Il vento sbatte le tende e accoglie gli intorpiditi alpinisti nella tenda comedor alle 2 del mattino. Siamo solo 8 (Francesca e Luca preferiscono un giorno di riposo) e appena partiti anche Matteo desiste perché non si sente bene.

Noi 7 ci incamminiamo risalendo la valle verso la laguna Ishinca e arriviamo al ghiacciaio in 3 ore. Il vento è calato e il cielo è pieno di una miriade di luminosissime stelle. La mente vaga, distratta dal forte mal di testa e grata per il continuo supporto dei compagni: chi offre le spalle per portare la corda, chi una parola di incoraggiamento, chi una barretta energetica... Risuona, calma e presente, la richiesta di una nota preghiera "che la cordialità, l'amicizia e la disponibilità che in montagna sono un fatto spontaneo, lo siano nella vita quotidiana" e il cuore ringrazia per la presenza di persone amiche.

Poi una stella cadente, ampia e luminosa, ridona rinnovato slancio, e un pensiero vola alla festa odierna della Madonna delle Nevi alla quale affido l'intero gruppo. La montagna dona tanto: soddisfazione per le cime, amicizie coi compagni, contemplazione della bellezza... Però chiede anche qualcosa, a ciascuno in modo diverso, a me il mal di testa, e io decido di corrispondere.

Partiamo sul ghiacciaio alla vista del maestoso Ranrapalca che si indora alla luce del primo Sole.


Saliamo veloci e presto sbuchiamo al Sole con la vista dell'Ishinca in tutta la sua bellezza.


Il morale è alto e le 3 cordate risalgono i tipici 'penitentes' (guglie di ghiaccio lavorato dal vento, introvabili in Europa) fino all'ultima rampa che ci separa dalla vetta: siamo a 5450 mt e la stanchezza si fa sentire.



A pochi metri della cima, un nobil gesto di Nicola lascia passare la cordata dei genovesi perché siano i primi a conquistarla, visto che hanno guidato le cordate sul ghiacciaio.

Siamo in vetta alle 10, il panorama è stupendo e la vista mozzafiato. Però i 5530 mt di altezza si fanno sentire e allora scendiamo presto. Passiamo per il versante sud-ovest e dopo una breve doppia, scendiamo al campo base per un'altra via che ci offre bellissimi scorci sulla valle e sulle cime circostanti.


Con l'animo ricolmo di gioia e un po' di stanchezza addosso alle 3 siamo a mangiare qualcosa, chi al rifugio chi dal nostro mitico cuoco Juan.




4 Agosto 2011 - Salita al Nevado Urus

4 Agosto 2011 - Salita al Nevado Urus

Lore, sveglia!

Per me la giornata comincia cosí, alle tre meno dieci, con Luca che mi chiama; tra dieci minuti nella tenda grande la colazione sará pronta. Ci vestiamo di corsa, uno per volta perché lo spazio é ridotto, e andiamo a mangiare, gli zaini sono praticamente pronti. La nottata é stupenda, neppure troppo fredda, le stelle brillano limpide come possono fare solo in alta montagna, in una vallata dove l´unica luce accesa é quella della tua lampada frontale, e nessuna nuvola le copre: bene!
Juan, il nostro gentilissimo cuoco dagli occhi sempre sorridenti ci serve mate de coca e patate con uova e carne, che forse noi italiani preferiremmo in un pasto diverso dalla colazione, ma sono energetiche.

Alle quattro meno un quarto siamo pronti, zaini in spalla, e Juan ci conduce all´attacco del sentiero, e su per il primo pezzo. Fatichiamo subito a tenere il suo passo abituato alla quota, pare che solo Guido e Paola ci riescano, sul sentiero che sale ripidissimo a quarantacinque gradi sulla cresta della morena; per fortuna dopo pochi minuti Juan decide che ormai non possiamo piú sbagliare strada e torna indietro, il grosso del gruppo recupera Guido e Paola che aspettano. Nel cielo individuiamo facilmente le Pleiadi, il Toro, Orione... ci stupisce scoprire nell´altro emisfero le stesse stelle che vediamo a casa nostra.

Proseguiamo la salita, io mi dico che il sentiero non puó proseguire a lungo con quella pendenza e tengo duro: lo zaino é pesante, per fortuna all´ultimo ho deciso di lasciare in tenda la mia bella ma pesante reflex; nonostante il passo lentissimo tutti fatichiamo, d´altronde siamo giá sopra i 4350 metri del rifugio Ishinca da cui siamo partiti, e la quota si fa sentire. Non si sentono molte voci parlare... A parte Paola, che con la corda sulle spalle finché é notte sale disinvolta!
A dispetto delle mie speranze, il sentiero sale costante costante fino ad un breve traverso con cui raggiunge un´altra morena e riprende a salire, sempre per cresta, sempre ripido, fino a quasi quota 4800, dove intercettiamo una pietraia di grossi blocchi di granito.Ci fermiamo per imbragarci, e ci accorgiamo che le nuvole hanno coperto il cielo. Speriamo bene.
L´arrampicata sulla pietraia sarebbe divertente, non fosse faticosa: il granito bianco é purissimo, ruvido, non freddo, ricco di appigli invitanti che stimolano a "fare un po´ di ginnastica", come direbbe Andrea Parodi, per salire. Ogni tanto ci arriva una raffica di neve gelata addosso: possiamo solo sperare che il sole sciolga le nuvele e ci regali una schiarita.

A circa 5000 metri infiliamo i ramponi, ci leghiamo in cordata e lasciamo la pietraia per il ghiacciaio.


Io mi lego con Francesca, sono contento, abbiamo salito insieme il Dom de Neige des Ecrins e só che abbiamo un passo molto simile. Il ghiacciaio non é difficile, sale abbastanza costante a trenta gradi, l´unica difficoltá sta nella quota che taglia il fiato e nella morena che ci ha tagliato le gambe, cosí saliamo lenti,


cadenzando il passo per conservare le energie per i tratti piú ripidi dove dobbiamo per cautela aiutarci con la picca, ma nessuna difficoltá, la vetta spunta a tratti sempre piú vicina... e prima delle 9 siamo in vetta!


L'emozione é forte, per alcuni si tratta della prima vetta sopra i 5000 metri, per quasi tutti la vetta piú alta mai raggiunta; il coronamento di sei mesi di allenamento, e soprattutto é la prima vetta che viene raggiunta da tutta il gruppo al completo, e questo in parte fá dimenticare le nuvole, che non si sono aperte e non ci lasciano vedere gran ché. A fare ancora piú gruppo, la preghiera di vetta della GM. Paola canticchia il ritornello di Goodbye dei Nomadi...


Cominciamo a scendere rapidamente, alla pietraia ci fermiamo per bere e mangiare qualcosa, poi riprendiamo a scendere sotto le raffiche di neve ghiacciata che si sono fatte piú frequenti e inumidiscono il granito, rendendolo scivoloso: comincio a maledirlo dopo le benedizioni della salita.
Il sentiero sulla morena é anche peggio, é talmente ripido e accidentato che si procede allo stesso ritmo della salita; si vedono il rifugio e il nostro campo sotto di noi, ma sembrano sempre alla stessa distanza, non si avvicinano... Per fortuna si tratta di una impressione, e alle undici e trenta siamo tutti sotto la tenda, a bere il mate de coca caldo che Juan ci ha preparato... felici per quanto appena fatto, ma col pensiero giá al domani con un po´ di ansia: ci attnde il Nevado Ishinca, con maggior dislivello, maggior sviluppo, e maggiori difficoltá tecniche... "l´assurdo ci sfida per spingerci ad essere fieri di noi"...


Lorenzo

3 Agosto 2011 - Salita al Rifugio Ishinca

Il gruppo al completo parte per la prima salita "seria", oggi si sale fino al rifugio Ishinca per montare nei pressi il campo base e salire nei prossimi giorni il Nevado Urus e il Nevado Ishinca.

Dopo la colazione, il pulmino ci attende fuori dalla porta per portarci all'attacco del sentiero che sale al rifugio. Dopo un'ora e un quarto su una delle strade sterrate e sconnesse che dalla valle principale si insinuano nelle vallate laterali scendiamo su un altopiano da cui si gode una vista deliziosa sul massiccio dello Huascaran, il piú alto della zona, e sul Nevado Copa, ultima tappa del nostro programma. Il nostro cammino di oggi ci porta invece in profonditá nella cordigliera, con un dislivello non eccessivo ma uno sviluppo notevole.

Dopo lo scatto di qualche foto al gruppo, al paesaggio e alle pastorelle in costume che conducono asini e pecore, il gruppo si avvia lungo il sentiero che si inoltra ancora nella vallata.


Ci accompagna Juan, il cuoco: nonostante abbia sulle spalle il pranzo di tutto il gruppo tiene un passo di tutto rispetto, che capiamo subito non essere in grado di tenere per tutto il percorso.


Noi abbiamo sulle spalle lo zaino leggero: il nostro bagaglio ci raggiungerá in seguito a dorso di mulo.

Il sentiero sale piacevole, la pendenza non é mai troppa, spesso attraversiamo boschetti di alberi che non conosco ma che ricordano i ginepri, e seguiamo il corso di un ruscello dall'acqua limpidissima. Dopo due ore raggiungiamo una bassa costruzione a 4000 metri dove vengono controllati i biglietti di accesso al Parco Huascaran, e scambiamo due parole con Giulian, l'addetto al controllo, un ragazzo giovane che parla italiano perché ha lavorato con l'Operazione Mato Grosso. Gli chiedo quanto manchi al rifugio, dice circa due ore, anche se a lui ne basterebbe una...

Conosciamo anche Andrea, un ragazzo di Cuneo che sta lavorando come volontario nella scuola di Yungai, gestita anch'essa dalla OMG: ci racconta della sua esperienza coi ragazzi, si capisce quanto ne sia contento, e un po' lo si invidia. Ora sta approfittando di una settimana di ferie per aiutare al rifugio e per salire il Nevado Urus.

Arriviamo al rifugio Ishinca dopo due ore, e aspettiamo i muli per montare le tende. Il rifugio, costruito e gestito dalla OMG, si trova in un largo vallone a 4350 metri sotto le vette del Nevado Urus e del maestoso Nevado Tocclaraju; il Nevado Ishinca si trova invece ancora fuori vista. L'interno é molto accogliente, e i gestori sono tutti ragazzi della zona molto simpatici.


Tra le guide che accompagnano i vari gruppi incontriamo anche Miguel, che aveva accompagnato la precedente spedizione in Perú della GM nel 2003.
Rimaniamo un po' delusi dal numero di tende erette fuori dal rifugio: purtroppo non saremo soli come al Maparaju... Pazienza, il tempo é bello, domani si tenta la salita!


Lorenzo